Ancora una volta siamo di fronte alla grande bugia sull’inquinamento.
Città e Comuni invitano la gente a stare in casa, come in guerra, e fanno chiudere le pizzerie col forno a legna per via delle polveri sottili (davvero il problema sono i forni a legna?) per tacere il solito incompetente lassismo delle istituzioni rispetto ai veri grandi motori d’inquinamento presenti nel territorio. Eppure si sa da molto tempo qual è (qual’è) il problema: le grosse industrie, se escludiamo il complicato discorso sulle polveri sottili, le cause sono le industrie agroalimentari in primis. La scelta è: continuiamo con questo sistema industriale e a raccontarci la Grande Bugia dello sviluppo compatibile oppure capiamo che bisogna cambiare sistema, consumare meno, cambiare comportamenti, desiderare meno?

Nemmeno le grandi associazioni ambientaliste, nemmeno Green Peace, come viene denunciato nel bel film Cowspiracy, puntano l’indice contro gli allevamenti intensivi, che sono la PRIMA causa mondiale dell’inquinamento, molto più dei trasporti, aerei compresi, molto più del riscaldamento domestico, e moltissimo di più, ovviamente, che tutte le pizzerie con forno a legna del mondo.

Gli allevamenti intensivi di bovini, a causa dell’enorme richiesta di un’umanità che in 50 anni ha modificato completamente le proprie abitudini alimentari (una volta la carne si mangiava la domenica, quando c’era), stanno occupando un’enorme quantità di terreno e nemmeno l’alternativa dell’alimentazione (più sana) ad erba è praticabile: servirebbe metà del pianeta solo per i bovini. Negli allevamenti intensivi gli animali vengono trattati ad antibiotici anche quando sono sani, per produrre un chilo di carne serve una quantità enorme di acqua e cereali, uno spreco enorme, oltre che un danno ambientale che è sotto gli occhi di tutti. L’allevamento intensivo di animali da macello è anche la PRIMA causa del disboscamentodelle foreste amazzoniche.

Perché dunque Green Peace, con le bravate dei suoi pirati dei Caraibi non denuncia tutto questo? Semplice: le associazioni ambientaliste devono fare iscritti, campano di quote associative, e chi ti paga la quota se tu gli dici: “devi cambiare vita”? Si, perché con tutti i blocchi di traffico è chiaro a tutti che il problema non si risolve e che l’inquinamento aumenta. Questo perché c’è una grossa nube nera al di sopra di tutti i nostri temporali quotidiani, e facciamo finta di non vederla.
La FAO, nel 2006, ha pubblicato un dossier intitolato: “Livestock’s long shadow” (la lunga ombra degli allevamenti intensivi) in cui si afferma che, in base ai calcoli effettuati, il 51% di anidride carbonica, metano e protossido d’azoto è emesso dagli allevamenti contro il 14% determinato da attività di trasporto via terra, acqua e mare.

Ecco alcune dichiarazioni:
« L’allevamento bovino americano è responsabile di circa un terzo dell’azoto e del fosforo che si riversa nelle acque dolci del paese. (Fonte: FAO, 2006) »
« Certi grandi allevamenti producono più rifiuti grezzi della popolazione umana di una grande città americana. (Fonte: US Government Accountability Office, 2008) »
« L’allevamento del bestiame è responsabile di oltre il 60% delle nostre emissioni globali di ammoniaca. (Fonte: FAO, 2006)»
« Il liquame di maiale è 75 volte più inquinante dei liquami domestici grezzi. (Fonte: Archer, 1992) »

È chiaro che a dire alla gente che le scoregge dei bovini creano più inquinamento delle fabbriche si rischia anche di non essere presi sul serio. Ma è proprio così che vanno le cose. E gli allevamenti di pesce creano gli stessi danni, teniamo presente che per ogni chilo di pesce pescato ci sono almeno tre chili di altri pesci non utilizzati. Gli allevamenti in mare uccidono la biodiversità marina, lo sfruttamento intensivo rovina i fondali. Questo non significa che tutti i passi fatti nel campo dei carburanti e del consumo domestico non abbiano senso, o che occorra concentrarsi su una forma di inquinamento ignorando le altre, ma vorrei che le associazioni ambientaliste che rompono i coglioni sul led del televisore, se ne ricordassero anche quando i comuni premiano le migliori luminarie di Natale o quando qualche azienda s’inventa simpatiche cazzate da 10.000 watt. Se abbiamo abbracciato la droga del consumo, dobbiamo accettarne la tossicità acriticamente, oppure tocca cominciare a pensare.

Natalino Balasso

fonte: https://www.facebook.com/natalinobalasz/posts/1140043396013813?fref=nf&pnref=story&__mref=message_bubble

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